Prima Visione Dessé
Miracolo a Le Havre
con: André Wilms - Kati Outinen - Blondin Miguel - Elina Salo - Evelyne Didi - Nguyen Quoc Dung - François Monnié - Roberto Piazza - Jean-Pierre Léaud - Pierre Étaix - Jean-Pierre Darroussin
2011, 103′
Drammatico
Trama Marcel Marx è un uomo semplice, un ex-scrittore ritiratosi a Le Havre a fare il lustrascarpe insieme alla moglie Arletty. I suoi giorni scorrono tranquilli, finché una serie di accadimenti metteranno alla prova la sua calma: l’arrivo nella sua vita di un immigrato dall’Africa nera, l’ammalarsi della sua amata e il duro scontro con il sistema costituzionale occidentale. Tuttavia, il suo ottimismo non sembra cedere e il buon cuore degli abitanti del suo quartiere aiuterà non poco…
Critica “Lo stile è quello di sempre, la regia e la direzione degli attori anche, così come non cambia la voglia di scegliere i suoi protagonisti tra i reietti e i perdenti. Ma per una volta non sono la disperazione e lo sconforto a vincere bensì il sogno e la speranza, con il cinema che per una volta offre i suoi ‘poteri’ per cambiare la realtà in meglio, per piegarla ai desideri più belli. Succede così in ‘Le Havre’, l’ultimo film di Aki Kaurismäki, ambientato in questa città di moli e container ma anche di vecchi bar, piccole case di periferia e negozietti sfuggiti alla globalizzazione. (…) Miracolo è la parola giusta da usare, per sintetizzare lo straordinario equilibrio tra intenzioni e realizzazioni, tra semplicità della messa in scena e poesia della recitazione e dei dialoghi. Ma se a questo ‘miracolo artistico’ potevamo essere già preparati con Kaurismäki, quello che stupisce è proprio il ricorso a un miracolo vero e proprio per invertire la marcia della realtà. Il regista non chiude gli occhi di fronte al dolore dei mondo: parla di povertà, di immigrazione clandestina, di repressione, di malattia. Ma poi chiede al cinema di cambiare le carte in tavola, alla ricerca di quell’happy ending che una volta era visto come la prova provata del cinema oppio dei popoli.” (Paolo Mereghetti, ‘Il Corriere della Sera’, 18 maggio 2011)
“Da nemico della modernità (dei suoi costi, della sua estetica) Kaurismäki sa che la solidarietà è sorella della penuria, e che solo dove manca quasi tutto si trova ancora l’essenziale. Come ci ricorda ‘Le Havre’, girato in francese nel porto omonimo, dove vive (maluccio, oggi portano tutti scarpe da ginnastica) il lustrascarpe ed ex-scrittore Marcel Marx (André Wilms); e dove un giorno sbarca un container pieno di una merce inflazionata e poco richiesta. Clandestini. Per giunta africani. Basterebbe la semplicità, la mancanza di retorica, la dignità con cui Kaurismäki li riprende, annettendo un soggetto così bruciante (e sovraesposto) al suo cinema dai colori tenui, a dire la bellezza di ‘Le Havre’. Che prosegue, nel più esilarante e desiderabile irrealismo, raccontando come Marcel e i suoi amici, compreso il commissario Jean-Pierre Darroussin, aiuteranno un piccolo africano a farla franca e attraversare la Manica.” (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 18 maggio 2011)
“Dopo il pessimismo e la malinconia di ‘Le luci della sera’, il maestro finlandese torna ai toni più leggeri e all’humour geniale con ‘Le Havre’, uno dei film più belli in concorso. Riso e commozione sono da sempre colori presenti nella tavolozza di questo magnifico pittore di cinema, ma di rado capita di vederli così ben distribuiti sulla tela dello schermo. (…) Qui si assiste a una trasformazione al cui confronto lo ‘Spider Man’ di Hollywood fa pena. (…) Parte dalla semplice constatazione che qualsiasi stato, ordinamento, autorità, legge, necessità politica, arrivi a vietare il ricongiungimento di un bambino con la madre, diventa per ciò stesso spregevole, disumana, criminale. E’ una legge che un uomo, se è tale, può soltanto disobbedire. L’aspetto triste è che il film di Kaurismäki sia stato accolto a Cannes come un pura favola sull’immigrazione, la nostalgia di un artista sensibile per una solidarietà che si può vedere soltanto al cinema e non nella vita.” (Curzio Maltese, ‘La Repubblica’, 18 maggio 2011)
“Che meraviglia vivere nel mondo di Aki Kaurismäki, nella stradina quieta di una città di mare dove i vicini di casa si aiutano l’uno con l’altro, dove un giovane clandestino africano trova riparo e protezione, dove ci si ammala gravemente e si guarisce perché sarebbe giusto che ad ogni buona azione corrispondesse un premio. Ieri mattina ‘Le Havre’ ha ricevuto tanti applausi felici e soddisfatti. (…) Ogni tanto, in mezzo agli orrori e alle ingiustizie, qualcosa che provi a riconciliare con la parte buona dell’umanità, ci deve pur essere. Le Havre è nato da questa disposizione d’animo, dalla scelta di affrontare un tema serio e grave come l’immigrazione, con la doppia lente della favola ironica e della passione cinefila. Da una parte le figure tipiche del mondo dell’autore, con le loro facce più vere del vero, dall’altra i rimandi alle atmosfere dei film di Bresson, Melville, Tati, Carné. Anche i nomi dei personaggi non sono scelti a caso, ognuno ha il suo rimando cinematografico, ognuno ricorda qualcosa e qualcuno.” (Fulvia Caprara, ‘La Stampa’, 18 maggio 2011)
“La crisi della migrazione africana secondo il Chaplin finlandese Aki Kaurismäki è una storia che si ripete nel suo universo di colori tenui, cinema classico e personaggi perduti, ma non perdenti, nella composta e taciturna solidarietà sulla frontiera permanente tra la malinconia degli onesti e l’aggressività degli altri. E’ un mondo a parte, quello di Kaurismäki, l’unico grande ‘stilista’ del cinema europeo, un microcosmo perfetto per accogliere la peripezia di Idrissa, ragazzino magrebino in fuga per ricongiungersi con la madre a Londra, di passaggio e braccato dalla polizia nella imperturbabile Le Havre. (…) ‘Le Havre’ non è un omaggio al cinema di Carné, Arletty, Ophüls o della poesia di Prevert, ma l’incarnazione di un possibile nuovo soffio di quella sensibilità artistica e umana.” (Silvio Danese, ‘Nazione-Carlino-Giorno’, 18 maggio 2011)
“Delicato, con dei dialoghi brillanti, qualche ironica strizzata d’occhio ai capolavori del passato (‘Casablanca’, per esempio) ‘Le Havre’ si avvale di un accompagnamento musicale molto francese, con un po’ di jazz e di rock, quest’ultimo affidato a Little Bob, Robertino, al secolo Roberto Piazza, la risposta di periferia al mito parigino di Johnny Halliday. L’insieme è una curiosa fiaba urbana, dove i cattivi sono facilmente riconoscibili (un cameo di Jean-Paul Léaud), i poliziotti hanno un cuore, l’anonimato non esiste, si può essere felici anche con poco, la gentilezza, la cavalleria, il gusto semplice per le cose belle (un mazzo di fiori, un tramonto, una passeggiata) ripaga delle difficoltà della vita. André Wilms, attore caro al regista, come del resto Kati Outinen (Arletty), presta al suo Marcel il proprio fisico elegante e stropicciato; Jean Pierre Darroussin, volto noto in Francia e insieme nuovo acquisto, si inserisce nel cast con tranquilla autorevolezza.” (Stenio Solinas, ‘Il Giornale’, 18 maggio 2011)
“Aki Kaurismäki (…) torna, con questo film, a girare in Francia dove aveva già ambientato, vent’anni fa, il suo ‘Vita da Bohème’. (…) Un autore che si conferma, dietro il suo umorismo nero e perfino il cinismo, «un regista profondamente umanista, la cui opera è attraversata dal tema della dignità». L’uomo kaurismakiano è di preferenza povero di mezzi materiali (perfino il cibo), ma quei pochi li cede o li divide volentieri con chi ha meno di lui. Silenziosi e spesso malinconici (come il suo autore) i suoi personaggi possiedono però un’innata dote di solidarietà verso i più deboli e i bisognosi: danno senza chiedere niente in cambio: perché così è giusto che sia fatto. Laconico, melanconico, quasi dimesso ma acceso dai lampi di umorismo cui accennavamo, ‘Le Havre’ contiene più di uno spunto di riflessione sulla nostra società di quanto posa apparire o di quanto l’autore abbia mascherato sotto la patina del passato e, ancora una volta, è la musica rock-blues a costituire un punto importante di svolta narrativa. Conosciuta come la città del rock e del blues, Le Havre ha il suo Elvis (o il suo Johnny Halliday, se volete) in Little Bob (al secolo Roberto Piazza), una sorta di Little Tony locale. Sarà lui, con la sua simpatica verve da vecchio rockettaro sempre sulla breccia, a risolvere la situazione. Kaurismäki, cinema, rock: l’indistruttibile trinomio.” (Andrea Frambrosi, ‘L’Eco di Bergamo’, 18 maggio 2011)
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