Kinoglaz
L’UDIENZA
con: Enzo Jannacci - Claudia Cardinale - Michel Piccoli - Ugo Tognazzi - Vittorio Gassman
1971, 111′
COMMEDIA, DRAMMATICO, THRILLER
Il Circolo del Cinema Kinoglaz al TdA/SEMIfestival 2014
GIOVEDI’ 11 SETTEMBRE
TdA/SEMIfestival propone un doppio appuntamento:
Ore 18:00
SIMONE LENZI leggerà alcuni racconti dal suo MALI MINORI in un incontro realizzato in collaborazione con Erasmo Libri;
Ore 21:30
per il ciclo SemifestivalCinema
a cura del Circolo del Cinema Kinoglaz
proiezione di
L’UDIENZA
di MARCO FERRERI.
Italia 1971
proiezione
€ 5,00
€ 3,00 possessori SEMIcard
L’UDIENZA
Con questo suo sedicesimo film il regista si inoltra nell’esplorazione
dei labirinti del Potere in rapporto alla società: “Il ciclo di
ambiguità del potere”, come lui stesso lo definisce in un’intervista
rilasciata a “Jeune Cinéma” nel 1972 (Marco Ferreri in Conférence de
presse à Berlin, in “Jeune Cinéma”, n.66, novembre 1972, p.27),
riferendosi con questa espressione al cerchio che salda chi possiede ed
esercita il potere e chi lo subisce e lo accetta. Liberamente ispirata
al Castello di Kafka, L’udienza è la storia del desiderio impossibile
di Amedeo (Enzo Jannacci) di parlare con il Papa per esporgli un suo
problema spirituale; nel tentativo di fare ciò si scontrerà con ogni
tipo di difficoltà e di umiliazione, conoscerà prelati e
aristocratici, si innamorerà della prostituta Aiche (una splendida
Claudia Cardinale), fino a morire di polmonite senza essere nemmeno
riuscito a varcare la soglia dei Palazzi Vaticani.
Attraverso una narrazione densamente ripetitiva, giocata su toni e
colori caldi e ambigui, distesa in sequenze quasi circolari, Ferreri
pone il problema della Chiesa come istituzione cristallizzata, incapace
di rivitalizzarsi e di uscire dal suo carattere di ente burocratico e
clientelare. E muove una critica pungente ad essa come sistema
repressivo, analizzandone il suo potere in disfacimento, ma tuttavia
ancora pericoloso. Al di là degli espliciti riferimenti tematici e
delle metafore più vistose ed evidenti sul potere ecclesiastico e su
quello economico-politico tra cui il film oscilla, è però importante
poter rintracciare le tematiche farreriane fondamentali, che
costituiscono la linea di continuità con le sue opere precedenti e
rafforzano le basi per le successive. Innanzitutto il tema
dell’isolamento, che il protagonista vive nei confronti del potere, che
non gli permette di esaudire i propri desideri. Poi quelli, fortissimi,
del vagabondaggio, dell’esclusione e della morte: la storia di Amedeo
non è altro che un lungo viaggio attraverso le strutture del Potere che
esclude e uccide, senza pietà. E non ultimo uno dei temi ferreriani per
eccellenza, il problematico rapporto uomo-donna, incarnato qui dalla
relazione tra il protagonista e la prostituta Aiche, l’unica che si
sottragga a questo circolo del potere, l’unico personaggio di tutto il
film dotato di una dimensione psicologica a tutto tondo. E’ infatti la
sola che prova per Amedeo un sentimento “umano”, vero, ed è la sola che
crede veramente al suo problema spirituale; è un personaggio
importante, soprattutto perché rappresenta una visione estremamente
moderna della donna e del sesso nei confronti delle aberranti posizioni
del potere cattolico e della società italiana del tempo. Tuttavia il
mostruoso condizionamento ideologico della fede spinge il protagonista
ad allontanarla da lui, nonostante lei abbia nel ventre suo figlio. Ed
ecco che, parallelamente alla denuncia degli orrori messi in atto dalle
istituzioni sugli individui, Ferreri vuole mettere in guardia quegli
stessi individui dai pericoli dell’eccessiva sottomissione dell’uomo
all’ideologia.
Il carattere di ambiguità della filmografia ferreriana è
particolarmente evidente: ogni elemento tematico e passaggio narrativo,
ogni componente stilistica è suscettibile di un’interpretazione
polivalente. La vicenda narrata dal film funziona, a livello
referenziale, come racconto delle disgrazie di un uomo che muore nel
tentativo di ottenere un’udienza dal papa, ma è immediatamente
leggibile come una situazione di isolamento e di sconfitta nei confronti
del Potere. La morte stessa, dunque, assume valore di suicidio e di
autodistruzione (come sempre in Ferreri), ma è tuttavia interpretabile
anche come omicidio perpetrato tramite le strutture repressive del
potere (ecclesiastico e non), che tengono l’uomo lontano dal “Castello”
(il Vaticano), protetto da guardie che ne difendono le entrate. Ed è in
questo modo che il discorso sul potere ecclesiastico, onnipotente,
estraniato dalla realtà, eppure dominante – attraverso mille canali -
la realtà politica e sociale dell’Italia, si allarga immediatamente ad
un discorso più globale sul Potere, che rende gli individui schiavi,
alienati, fino a condurli alla morte.
Per finire, possiamo notare come questo lungometraggio rappresenti una
sorta di legame tra i precedenti Dillinger è morto (1969) e Il seme
dell’uomo (1969), da una parte, e i successivi La cagna (1972) e La
grande abbuffata (1973), dall’altra: con L’Udienza Ferreri si libera
dall’esigenza di stabilire un rapporto immediato e diretto con il potere
e la politicità del suo lavoro. Dopo questo film il cineasta si
rinchiuderà in un nichilismo pressoché totale, portando alle estreme
conseguenze le tematiche dell’isolamento, dell’autodistruzione e
dell’impotenza, elementi che verranno assunti come componenti
totalizzanti di una visione del mondo non più libertaria e utopica,
aggressiva e scopertamente corrosiva, ma piuttosto come ripiegamento e
chiusura del discorso in un cerchio immobile.
Ferreri gira L’udienza tra il 1970 e il 1971, ovvero in un periodo
storico in cui la società stava disponendosi a cambiamenti profondi: il
grande sogno dei movimenti giovanili del ’68 non si era realizzato, ma
la rivoluzione era stata una vera prova e anche i comportamenti della
vita quotidiana ne risentivano. Dopo la rivolta degli studenti sarebbero
seguite le lotte operaie, quelle dei tecnici, degli insegnanti. Fra il
’73 e il ’74, infine, il movimento femminista avrebbe scosso la società
dando luogo ad un vastissimo dibattito culturale sull’emancipazione. Un
osservatore come Ferreri, che ha sempre coltivato un’attenzione
particolare verso il costume e i suoi cambiamenti, viene a trovarsi, nel
clima ereditato da questa rivoluzione non fatta ma parzialmente vissuta,
su un terreno molto fertile.
giovedì 11 settembre 2014 | 21:30 |